La personalità Cos’è? Cosa la determina? Dove risiede? Conta di più la natura o la cultura?

“Il carattere è il destino”. Eraclito

A volte per necessità, nel lavoro, a volte per curiosità, nella vita privata, è esperienza comune, tentare di capire la personalità dell’altro con cui entriamo in contatto.

Il più delle volte, le nostre deduzioni scaturiscono dalla semplice osservazione di caratteristiche evidenti, come il modo di vestirsi, il comportamento, il tono della voce, lo sguardo.

Tali elementi, in aggiunta ad altre sensazioni e informazioni che ricaviamo dalla nostra esperienza – attribuendo un particolare significato ad alcuni di essi finiamo per definire una persona gradevole, sgradevole o magari timida, espansiva o a volte azzardiamo, affermando “non ha personalità”.

Cos’è la personalità? Cosa la determina? Dove risiede? Conta di più la natura o la cultura?

E’ sicuramente pericoloso tentare di classificare e limitare i casi irripetibili dell’esperienza umana, così evidentemente complessa, ma d’altra parte non possiamo negare che gli esseri umani, seppur in un’infinita variabilità di contesti culturali, hanno modi caratteristici di affrontare gli eventi, i problemi, le relazioni.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la personalità “una modalità strutturata di pensiero, sentimento, comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che risulta da fattori costituzionali dello sviluppo e dell’esperienza sociale”.

Se il DNA e l’ambiente risultano avere un peso più o meno alla pari, ad esempio nella costruzione dell’intelligenza, quando si parla di personalità le cose cambiano.

Ci sono numerosi studi, dalle neuroscienze a studi psicologici che dimostrano che il comportamento dipende più dai cromosomi della madre, che da quello che lei stessa fa o dice al bambino.

Se è un genitore è un tipo sportivo, è probabile che i figli saranno atletici. Se ama leggere, è verosimile i figli amino leggere. Più che una questione di imprinting, però è che le rispettive inclinazioni sono scritte nei geni di padre e madre (che rispettivamente si sommano nel genoma). Confermando, in altre parole, che la natura forgia la personalità assai più della cultura.

I geni influiscono sulla personalità dell’individuo e, di conseguenza, sulla sua capacità di rispondere agli stimoli ambientali o di causare particolari situazioni.

Ci sono alcuni eventi della vita che non sono sotto il controllo diretto dell’individuo come, ad esempio, la morte del partner, le calamità naturali o simili, questi non sono ovviamente ereditabili. Ce ne sono altri come il divorzio, la perdita del lavoro, incidenti stradali, che possono dipendere, almeno in certa misura, dal comportamento dell’individuo, almeno in parte, e questi sono ereditabili.

Ovvero esistono geni di suscettibilità allo sviluppo di determinati comportamenti.

Allo stato attuale delle conoscenze, si può affermare che non esiste alcun gene in grado di causare direttamente lo sviluppo di un determinato comportamento, sia esso normale o deviante. Non vi è, in altre parole, alcun gene causativo che porti a comportamenti violenti o criminali.

Parliamo di “vulnerabilità genetica”. 

Ma quindi qual è il ruolo dell’ambiente?

Interessante è il caso del gene che codifica l’enzima monoamino ossidasi A (MAO-A) – enzima centrale nel metabolismo della serotonina, un importante neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione del tono dell’umore e nella modulazione del comportamento.

Questo gene esiste in ben quattro varianti (definite alleliche) due che comportano una maggiore espressione del gene stesso e quindi una maggiore attività dell’enzima e due che invece comportano una ridotta espressione e quindi una ridotta attività dell’enzima.

Si è visto che se l’ambiente in cui gli individui sono cresciuti, è un ambiente psico-sociale sano e protettivo, la tendenza a sviluppare comportamenti violenti è scarsa sia per gli individui che hanno un’alta attività enzimatica sia per gli individui che hanno un’attività enzimatica ridotta, al contrario se l’ambiente in cui si è cresciuti è un ambiente malsano e gli individui sono stati esposti ad abusi e maltrattamenti fin dall’età infantile, i soggetti con la variante del gene che codifica per l’enzima a bassa attività, mostrano una frequenza di comportamenti violenti significativamente maggiore degli individui con normale attività enzimatica.

Dunque possedere “la variante allelica” a bassa attività di per sé non determina lo sviluppo di un comportamento aberrante ma costituisce un fattore di maggior vulnerabilità a eventi esterni avversi che può risultare nello sviluppo di un comportamento anormale.

Considerazioni simili possono essere fatte riguardo a molti altri geni coinvolti nella regolazione dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso.

Alla luce di uno sguardo complessivo, dei vari studi sopracitati, possiamo quindi affermare che il peso specifico maggiormente rilevante, deriva dall’interazione genetica-ambiente, più che dal codice genetico in assoluto, ovvero la combinazione di entrambi i fattori, sembra quindi più importante che non la predisposizione biologica di per sé.

L’ambiente modifica la possibilità di espressione del materiale genetico così come il materiale genetico si mostra all’ambiente come qualcosa di plastico, variabile.

Quindi affinché si manifesti il disturbo devono essere presenti più geni predisponenti e più fattori ambientali negativi e deve verificarsi un particolare modello di interazione gene-ambiente che dà luogo alla specifica condizione psicopatologica.

Ma quella dei disturbi di personalità, è un’altra storia, ne parleremo.

 

References

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Pellegrini S. Il Ruolo di Fattori Genetici nella Modulazione del Comportamento: le Nuove Acquisizioni della Biologia Molecolare Genetica – Università degli Studi di Pisa-In Manuale di Neuroscienze Forensi di Guglielmo Gulotta Giuffrè Editore 2009 

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Siegel J, Hartzell (2005) Errori da non ripetere. Raffello Cortina Editore.

https://www.linkedin.com/pulse/la-personalit%C3%A0-cos%C3%A8-cosa-determina-dove-risiede-conta-giusi-sellitto/essi